Di Maria Martone.
Siamo curiosi e se da una parte questo migliora l’apprendimento: ” Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza“, fa dire Dante ad Ulisse nella Divina Commedia, intendendo che lo spirito curioso porta l’umanità a spostarsi per migliorarsi, sia nella conoscenza che nella virtù, c’è sempre una deriva del desiderio di conoscere che diventa indiscrezione e rende insopportabile il voler indagare e purtroppo divulgare, senza averne titolo, fatti delle altrui esistenze, senza tener conto di quanto ciò possa essere molesto.
In psicologia la curiosità è vista, come uno stato motivazionale che ci induce a fare ricerche, elaborare e porre attenzione a informazioni che ci permettano di avere nuove conoscenze. La curiosità che ha attraversato ed attraversa la strada del vizio come quella della virtù, dovrebbe creare ponti verso future opportunità e non far risalire dall’oblio informazioni inutili.
Eppure, pare che ci interessino solo i fatti sgradevoli o dolorosi, anche molto datati, riguardanti persone e personaggi più o meno famosi da dileggiare o osannare a seconda delle nostre necessità siamo ossessionati dalla ricerca di notizie che mettano in evidenza il passato delle persone, o che sottolineino quanto di catastrofico o al contrario di (falsamente) miracoloso c’è dietro una scoperta scientifica.
Il concetto di curiosità maggiormente vicino al nostro, in senso più positivo, è fornito da Tommaso Hobbes. Il filosofo intende la curiosità come Desiderio di esplorare una tensione, senza la quale la vita si arresterebbe: il desiderio genera il piacere della conoscenza.
La curiosità è movimento, non attesa passiva, è realtà, è cibo per la mente, molto lontana da quella attività irritante e fastidiosa, che è alla base di certi gossip nel senso più deteriore del termine, la ricerca di quella notizia più o meno scandalistica e quasi sempre priva di fondamento. Curiosità non è spiare per riferire notizie spesso fuorvianti.
La curiosità, quella vera prevede il metodo, il controllo, quello che, nel suo libro “Dieci cose che ho imparato”, Piero Angela definisce il “setaccio” attraverso il quale verificare le informazioni e far sì che la curiosità diventi vettore di verità.
Il vero curioso è lucido e lontano da tutto ciò che può inquinare la sua ricerca, Tommaso d’Aquino distingue tra curiositas (vizio) e studiositas (virtù); Erasmo da Rotterdam distingue tra curiosità empia e devota, quest’ultima porta ad ammirare l’opera di Dio con gratitudine e meraviglia, al contrario di quella empia che coincide più con quella curiosità maligna che porta al pettegolezzo e a ricerche che non hanno nulla a che fare con la soluzione dei problemi e con le necessità della vita di tutti i giorni.
È qui che si innesta il concetto di diritto all’oblio, il diritto ad essere dimenticati.
Il fiume Lete, nei miti classici, era uno dei fiumi del mondo dei morti, quello appunto dell’oblio, immergersi nelle sue acque cancellava i ricordi di chi vi si bagnava.
Nell’ idioma l’oblio individua la dimenticanza, non come fatto passeggero, ma continuativo, come sparizione dal ricordo. non avere più informazioni immagazzinate nella testa, è indispensabile per poterne acquisire altre.
Con il diritto all’oblio si ha l’esercizio, in un sistema giuridico, di questo basilare beneficio: alla persona che voglia concretamente ricominciare dopo essere stato sottoposto a processo o aver scontato una pena detentiva o dopo essere riuscito a superare una malattia, occorre che le sciagure antecedenti scivolino nell’oblio.
Solo in questo modo ciascuno potrà esercitare la facoltà di comunicare o meno una situazione che ha già messo a dura prova non solo chi l’ha percorsa, ma anche tutte le persone coinvolte, parenti e amici.
La curiosità di terze persone può interferire con l’esistenza di chi ha un passato scomodo o doloroso, poiché riorganizzare una vita squarciata da una grave patologia o passata attraverso un iter giudiziario, è cosa che diventa impraticabile se oltre alla tensione mentale si unisce la difficoltà di accedere alle prestazioni a diritti essenziali.
A questo proposito ricordiamo la legge sull’oblio oncologico, cioè il diritto delle persone guarite da un tumore di non fornire informazioni sulla pregressa malattia, né di tollerare indagini per questo motivo, quando il tempo trascorso e le condizioni di salute la rendono irrilevante (Legge 7 dicembre 2023 n. 193) e più in generale il GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati), in vigore da maggio 2014 e operativo da maggio 2018, che ha introdotto disposizioni specifiche per la protezione dei dati personali e il rispetto della privacy.
La ratio di questo limite posto alla “curiosità insalubre” è riconducibile alla lettura dei principi che regolano il diritto di cronaca. Un fatto di cronaca la cui divulgazione (dannosa) non è legata ad un reale interesse pubblico è contraria allo stesso esercizio del diritto di cronaca, nello stesso modo una vecchia notizia (nociva), se non più rispondente ad una attuale urgenza divulgativa non ha motivo di essere. In ambito comunitario il diritto all’oblio afferma che ogni persona ha il diritto di rettificare i dati personali che la riguardano e il diritto di cancellare i dati e ad avere l’oblio, se la conservazione di tali dati non è conforme al Regolamento comunitario.
Riguardo, poi, al diritto all’oblio legato a questioni giudiziarie la ratio va ritrovata nel principio del compito rieducativo della pena previsto all’art. 27, 3°comma Cost., “Le pene … devono tendere alla rieducazione del condannato”. La funzione punitiva è marginale rispetto al favorire il reinserimento sociale del reo e la sua riammissione nella collettività.
Qualora la pena non assolvesse alla funzione di riconsegnare il condannato alla società, perché in quest’ultima stesse ben ferma la memoria di quanto commesso e tale memoria, venisse rafforzata proprio dalla curiosità generata dello stesso fatto, il compito rieducativo e riabilitativo dello Stato risulterebbe venuto meno. Ritornando alla capacità del fiume Lete menzionato da Dante Alighieri posto nel paradiso terrestre, sul monte del Purgatorio, in esso si lavano le anime prima di salire in Paradiso, per dimenticare le loro colpe terrene, così il diritto all’oblio permette di dimenticare a chi ha fatto un percorso di sofferenza e di essere purificato dai ricordi sgraditi e godere pienamente della nuova vita.