La Υβρις il Cercare le Scuse, Invece di Farle e La Difficile Arte di Dire Grazie!

Hybris (Υβρις) è la parola che in questi giorni mi risuona nella mente, una parola che ritroviamo spesso nella tragedia e nella letteratura greca in generale. Essa descrive quelle personalità, caratterizzate da un orgoglio estremo e smisurato, oppure da sproporzionata e rischiosa certezza dei propri mezzi, è una sorta di arroganza, ma con un quid in più, il voler superare i limiti imposti da qualcosa o qualcuno che sta al di sopra di noi.

Quello che noi intendiamo per Hybris (Υβρις), seguendo anche gli antichi greci, è la violazione, della misura dei limiti che l’uomo deve incontrare nei rapporti con gli altri e anche con la divinità, con l’ordine precostituito, insomma, ha qualcosa che comprende più di un significato e per questo tale termine in italiano risulta difficilmente traducibile con un’unica parola.

Non entro nel dettaglio descrivendo singoli episodi, ma spiego perché questa parola mi “perseguita” da un po’ di tempo

Torno all’argomento dal quale sono partita, cioè il chiedere scusa con cui la Hybris (Υβρις) ha molto a che vedere: mi accorgo che oggi è sempre più difficile che le persone accettino l’idea di doversi scusare, considerando a torto e non a ragione il chiedere scusa come un atto di debolezza o di sottomissione.

La sensazione è che dire, “ho sbagliato”,  sia quasi una offesa per se stessi e per il proprio Ego; questa circostanza mi fa sorridere perché mi ricorda la scena più volte ripetuta nella famosa serie televisiva Happy Days (serie televisiva di grande successo negli anni ’70, ancora oggi mandata in onda su molte piattaforme) nella quale Fonzie, uno dei protagonisti, quando deve ammettere che ha sbagliato, fa fatica a pronunciare le parole e la frase “ho sbagliato”, rimane sempre a metà.

Nella fattispecie la scena è comica e serve a evidenziare un comportamento percepito come inconcepibile in generale e legato proprio a quel personaggio che, comunque bonario, deve apparire per ragioni di scena diverso e per certi versi al di sopra degli altri.

E che succede oggi? siamo diventati tutti la copia maleducata di Fonzie? Osserviamo le persone che se commettono un errore, ci offendono in qualche modo, fanno nei nostri riguardi qualcosa che ci ferisce, una volta messi di fronte al loro errore, cercano di trovare scuse piuttosto che scusarsi.

Essere umano significa sbagliare, ammettere di avere sbagliato significa prendere coscienza di quell’errore, non volerlo più ripetere e qualche volta viene il dubbio che invece le persone non si scusino proprio per poter continuare a essere come sono, il cambiamento comporta fatica (aah la  Hybris (Υβρις)!),  le persone sembrano riconoscere solo negli altri il tratto umano della fallibilità.

La Hybris (Υβρις) un tempo, aveva per lo meno, una certa nobiltà: Ulisse che Oltrepassando le colonne di Ercole pecca di Hybris (Υβρις)  divenendo anche il prototipo di un eroe moderno “considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”, gli fa dire Dante, che lo incontra all’inferno (in realtà il Sommo Poeta compie la stessa azione, recandosi da vivo nel regno dell’oltretomba).

E che dire della Hybris (Υβρις) di  Lodovico/Padre Cristoforo dei Promessi Sposi che si trasforma in una richiesta di perdono. Dimostrando che il vero uomo non è il tracotante Lodovico, ma il Frate che umilmente riconosce il suo errore e sfida l’ira del fratello del signorotto che ha ucciso, riuscendo ad ottenere perdono e riconoscimento per il suo coraggio.

A ben guardare oggi c’è una maggiore assertività che prescinde del rispetto dell’altro e porta spesso a forme di “autismo” nel senso più puro della lingua greca. Un atteggiamento di superiorità che, nei soggetti che ne sono afflitti, ben maschera un sotteso senso di inferiorità, intriso di un profondo provincialismo, nel senso più deteriore del termine, non ho nulla contro la bella provincia italiana estremamente accogliente, parlo di quella ottusità anticamera del narcisismo e anche dell’arroganza che mira a creare scompiglio nelle sicurezze degli altri allo scopo di poter sopravvivere alle loro frustrazioni.

Il più delle volte, e arriviamo alla seconda cosa sulla quale vorrei riflettere, i soggetti di cui sopra, sono le stesse persone che danno sempre per scontato l’aiuto che ricevono, cercano il modo di screditare le buone azioni per non sentirsi in debito, che vedono il dire grazie, anche questo, come un segno di debolezza, per il fatto che non capiscono che se devi riconoscenza a qualcuno, quel qualcuno ti ha pensato ha scelto di aiutarti, perché ti vuole bene, quel grazie , lungi dall’essere una forma di sottomissione è, un tassello verso la creazione di una società che crede nei valori della cooperazione, secondo quanto previsto dalla Costituzione Italiana (Il principio personalista e della dignità umana artt. 2, 3).

Troppe volte alle persone superiori, perbene che hanno a cuore l’interesse pubblico, che cercano di essere utili, non viene  espressa riconoscenza, più volentieri diventano bersaglio dei mediocri.

Siamo troppo spesso ostaggio della mediocrità figlia dell’ignoranza, anche di chi ha studiato, perché, evidentemente, non ha fatto tesoro delle lezioni dei veri saggi, arrogante, perché frustrato dalla sua stessa mediocrità, si accanisce su chi non può difendersi, così si sente onnipotente e troppo spesso, come si osserva a proposito dell’uso dei mezzi di comunicazione di massa o Social-media, sparge veleno costringendo continuamente a cercare un antidoto.

L’Aurea mediocritas citata dal poeta Orazio è “aurea moderazione“, stare in una posizione mediana tra eccellente e pessimo, tra sommo e irrilevante, rifiutando ogni tipo di esagerazione.

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